Quest’anno vogliamo scoprire le meraviglie del nostro paese, e lo faremo camminando naturalmente, immersi nella natura dell’Appennino: il Sentiero GEA. Dopo aver camminato per quattro mesi, da casa fino a Santiago de Compostela, e sull’Himalaya, è arrivato il momento di conoscere l’Appennino, luogo vicino a dove abitiamo ma che come tutti i luoghi vicini a casa, non riteniamo di conoscere a dovere. Esiste un sentiero che dal Passo di Bocca Trabaria in provincia di Perugia, porta fino al Passo dei Due Santi in Provincia di Parma: questo sentiero è la G.E.A., ovvero la Grande Escursione Appenninica. Percorrendo per la maggior parte il crinale delle montagne, questo itinerario tocca pochissimi paesi e ci farà conoscere meglio una parte di questa catena montuosa spesso sottovalutata. Con noi questa volta ci sarà anche il nostro super-cane Milo.

sentiero gea

Passo di Bocca Trabaria (1049 m s.l.m.)

Riusciamo ad arrivare al Passo di Bocca Trabaria con non pochi problemi, a causa di una frana sul versante umbro che ha bloccato la strada di collegamento per noi più breve. E’ pomeriggio, sono circa le 16, decidiamo di incamminarci per un po’ e fermarci nel bosco per bivaccare con la nostra tenda. Per oggi facciamo solo 4,5 km, domani iniziamo a camminare per davvero.

Inizia la scoperta dell’Appennino sul Sentiero GEA

Con il secondo giorno partiamo sul serio, il primo è stato solo di riscaldamento. Dopo circa un’ora che camminiamo, il sentiero sfocia sul Cammino di San Francesco; per noi è una sorpresa! Da qui iniziamo a vedere i primi pellegrini che dal Santuario della Verna vanno verso il Santuario di Assisi, nella direzione opposta alla nostra. Ci fermiamo a mangiare nel giardino di un rifugio e qui abbiamo la possibilità di parlare con alcuni pellegrini, confrontandoci con loro. Quando è tempo di ripartire, notiamo che i nostri zaini pesano un bel po’, eravamo coscienti di questo, ma non credevamo che ci facessero durare così tanta fatica. Dopo diciotto chilometri di cammino, arriviamo stanchi e malconci: Chiara ha dolore ai piedi e io duro molta fatica a camminare…dovremo prendere una decisione riguardo ai nostri zaini.

E’ mattina, un’altra notte è passata e dopo aver fatto colazione e smontato il bivacco, prendiamo la decisione di spedire qualcosa a casa per alleggerire gli zaini e sollevare il morale. Per farlo dobbiamo arrivare a Pieve Santo Stefano (431 m s.l.m.) a circa due ore di cammino da qui, per poter alloggiare sotto un tetto e preparare la merce da spedire. Abbiamo con noi molto cibo, per umani e per cani, quindi decidiamo di spedirne un po’ a casa e comprare altre scorte quando le finiremo, anche se non incontreremo molti paesi lungo il sentiero GEA. Il cammino di oggi sarà quasi tutto in discesa, incontriamo sempre pellegrini che vengono dalla parte opposta alla nostra e con qualcuno di loro facciamo qualche chiacchierata lampo, giusto il tempo di riprendere fiato. Pieve Santo Stefano è il punto più basso che tocchiamo lungo la G.E.A., da qui passa anche il fiume Tevere che è poco più di un torrente. Appena arrivati in paese, ci dirigiamo subito all’albergo dove decidiamo di alloggiare; qui rivediamo un letto e una doccia, e per noi è molto piacevole dopo due notti passate in tenda. Ma soprattutto possiamo fare la cernita delle cose che abbiamo nello zaino, e alla fine sono circa sei i chili che spediamo a casa.

Uno scorcio di Pieve Santo Stefano e del piccolo Tevere, che ancora deve fare molta strada

Dopo questa pausa, ripartiamo rigenerati

Il terzo giorno ripartiamo da Pieve Santo Stefano con il morale alle stelle e gli zaini sicuramente più leggeri. Sentiamo subito che camminare con meno peso sulle spalle giova al nostro corpo, ma anche al nostro spirito. Così partiamo dal paese e ci incamminiamo subito sulla montagnetta che dobbiamo superare in direzione Caprese Michelangelo. Forse per una distrazione, il sentiero che seguiamo finisce nel bosco, siamo così costretti a farci spazio tra gli alberi e la macchia per riuscire a ritrovarlo: la soddisfazione in questi momenti è altissima. Oggi il cammino si alterna tra boschi e pascoli, in sentieri di facile percorrenza in un susseguirsi di sali-scendi. Attraversiamo un borgo con pochissime abitazioni, dove la vita contadina sembra ancora viva e la pace vi fa da padrona. Sarà che oggi siam partiti rigenerati, ma riusciamo a riperdere il sentiero e così dobbiamo camminare per un lungo tratto sulla strada provinciale, fino alla frazione di Lama. Pranziamo qui, in un giardinetto che ai nostri occhi sembra il paradiso, immergiamo i nostri piedi nelle acque del vicino torrente e ne siamo felicissimi. Come sempre le cose belle non durano per sempre, anzi durano pochissimo; appena il tempo di mangiare e i tuoni che sentivamo si trasformano in pioggia…molta pioggia. Fortunatamente ci ripariamo, la pioggia dura poco e noi asciutti come prima del temporale, ripartiamo alla volta dell’Eremo della Casella.

Ci piace la generosità che riceviamo

Appena 30 minuti dalla ripartenza, un signore fiorentino in villeggiatura nella sua casa di montagna a Fragaiolo, ci ferma e ci chiede di dove siamo; basta poco per ritrovarsi in casa con biscotti fatti dalla moglie, vinsanto e caffè tutti per noi. Queste sono le cose belle che possono succedere durante questi viaggi, una carica di generosità da persone che non conosciamo. Parliamo per un po’, ci racconta che da qui passano persone da tutto il mondo, dirette ad Assisi da San Francesco; tutto contento e soddisfatto ci dice che una volta è passata da qui perfino una coppia di australiani. Fatto il carico d’acqua, ripartiamo carichi e grati ai due signori per quello che ci hanno offerto. Mancano sette chilometri ed un dislivello di 700 m per arrivare all’Eremo della Casella, camminati tutti nel bosco, fino alla cima della montagnetta dove sorge questo luogo sacro. La costruzione è in pietra, con la piccola chiesa da una parte e “l’appartamento” dall’altra. Naturalmente non c’è luce né acqua; all’interno ci sono due camini, due grossi tavoli e finestre minuscole dove la luce fatica ad entrare, il tutto disposto su due piani. Siamo sinceri, il luogo è un po’ tetro, sarà la poca luce o chissà cosa, l’unica cosa certa è che dobbiamo dormirci.

L’Eremo della Casella: a sinistra la chiesetta, mentre a destra lo spazio riservato a chi vuole dormire o mangiare.

Una nottata molto dura…

È mattina e la notte è stata dura, nel vero senso della parola! Dormire sul pavimento non è proprio il massimo; e come se non bastasse in piena notte un pipistrello si è svegliato e si è messo a svolazzare avanti e indietro per tutta la stanza, finché non ha centrato la finestrella ed è uscito. Quindi ci alziamo, facciamo colazione e ripartiamo, anche se la voglia non è molta. Capiamo che dormire bene è essenziale se vogliamo camminare bene. Per fare i sei chilometri che ci dividono da Chiusi della Verna ci mettiamo molto tempo, infatti quando arriviamo è già ora di pranzo. Siamo in un paesino abbastanza grande quindi troviamo un alimentari e ci facciamo due bei panini con una birra, sarà un super-pranzo per noi. Facciamo una lunga pausa prima di ripartire, ce la mettiamo tutta ma oggi le gambe sono pesanti e ci separano ancora otto chilometri dalla meta che ci siamo prefissi. Poco dopo Chiusi c’è il Santuario della Verna e il sentiero GEA ci passa accanto, quindi decidiamo di andare a fare una breve visita turistica. È tardi, ma dobbiamo almeno arrivare dove avevamo detto: sul Montalto vicino al Passo dei Mandrioli. Quindi salutiamo il Santuario e ripartiamo; il sentiero adesso sale, con soltanto qualche tratto in piana che ci fa riposare. Attraversiamo bellissime faggete, dove possiamo immergerci completamente nella natura, pronti a farci temprare dal bosco.

Appena dopo il Montalto, luoghi magici.

Questi primi quattro giorni di GEA ci fanno capire che camminare sull’Appennino non è uno scherzo, continui sali-scendi ci mettono a dura prova, sia fisicamente che mentalmente. Poi c’è il bosco, che fa nascere in noi sentimenti contrastanti: da un lato, camminarci dentro per quasi tutto il giorno dà tanto, pensiamo e vogliamo credere che in un qualche modo la natura vera come questa apra in noi qualcosa, cosa che a stare in città o nelle nostre campagne, dove oramai la natura è solo un miraggio, è molto difficile che succeda; dall’altro lato però a volte è noioso, vediamo alberi, alberi e alberi, anche quando i nostri occhi vorrebbero vedere orizzonti lontani. Ma anche questo fa parte del cammino, i luoghi che passiamo adesso servono per arrivare più preparati ai luoghi che vedremo tra qualche giorno.

Marco & Chiara (ChiocciolaFelix)

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